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Il grande amore per il contrabbasso,
raccontato nel libro di Emilio Benzi

E' uscito in aprile, edito dalla Giacomelli di Biella, Il contrabbasso, opera del musicista torinese Emilio Benzi, docente al Conservatorio di Torino, collaboratore da anni di prestigiose orchestre regionali e nazionali. Il suo è un amore profondo, trasmessogli dal padre Werther, autorevole contrabbassista negli anni Cinquanta e Sessanta, iniziatore della classe al Conservatorio di Alessandria e primo contrabbasso della mitica Sinfonica della Rai di Torino nei suoi anni d’oro. Nella sua lunga e travagliata vita musicale, il contrabbasso è stato sovente bersaglio di gratuite denigrazioni e facili ironie che ne evidenziavano un certo lato grottesco. Poco per volta, negli ultimi centocinquant’anni, ha avuto il suo riscatto per mano di compositori, di trascrittori e di interpreti tutti accomunati da un’unica, autentica passione.
Il lavoro di Emilio Benzi ripercorre questa strada, nella storia, analizzandone gli aspetti scientifici e divulgativi, e nella cronaca, avvalendosi per altro della collaborazione dei maestri liutai Davide Peiretti e Giovanni Gavarotti.
Tra i più completi nel settore, il testo prosegue sulle significative tracce di illustri predecessori, Isaia Billé, Tito Bartoli e Alfredo Trebbi. Oltre che una minuta descrizione della travagliata vita dello strumento, offre un ampio panorama sui contrabbassisti storicamente più significativi fino ai contemporanei, da Dragonetti a Bottesini, da Koussewitzki a Vanhal, da Hoffmeister a Klouse, autori che hanno riscattato il contrabbasso da marginale riempitivo a protagonista; soltanto grazie alla produzione solistica iniziata nel tardo Ottocento e sostenuta nel Novecento, lo strumento poté recuperare il tempo perduto e le tematiche affrontate nei due secoli precedenti dagli altri archi.
Lo studio delle origini traccia un percorso comune a tutti gli archi fino alla definizione completa del contrabbasso, spiegandone in dettaglio la struttura, il materiale usato e le tecniche essenziali di messa a punto. Una sezione importante è dedicata alla accordatura, prendendo in esame le varie fasi di sviluppo della gamma armonica, secondo le esigenze variabili nel tempo. Fondamentali infatti restano le sezioni dedicate al repertorio, solistico, da camera e orchestrale corredata da analisi critica sui compositori e sulle opere.
La rivalutazione del contrabbasso permise di manifestarne le capacità espressive, le affascinanti mutazioni di colore e di spirito, le penetranti vibrazioni emotive, la valenza drammatica, la particolare ironia e l’imprevedibile vocazione lirica. Di contro resta memoria di pagine non proprio edificanti sulle performance dello strumento. Raccontava l’autore in una recente intervista: «Mi è capitata sotto gli occhi la critica fatta al celebre Gianesini in occasione di un concerto: una colorita descrizione dell’evento a dimostrazione di quanto, all’apparire del contrabbasso sulla scena, la musica passi in secondo piano rispetto alla cronaca». (I contrabbassisti eseguendo concerti scritti per violino, attirano l’attenzione del pubblico, il quale ammira il suonatore, ma compassiona lo strumento! Appena il concertista di contrabbasso si presenta, fa l’effetto di un lottatore che si accinge alla sfida. Il cuore vi sta sospeso, trattenete il respiro per paura di un eventuale disastro! Ho visto ballare un orso, ho visto un elefante dare la mano con la zampa; erano bene ammaestrati, vi accorreva molta gente la prima volta, poi tutti ripetevano in coro: quello non è il loro mestiere).
«Leggendola avevo sorriso - confessa Benzi - ma ripensandoci mi sono chiesto se l’atteggiamento generale sia poi tanto cambiato. Fino ad oggi la letteratura specializzata non ha mai trattato il contrabbasso da protagonista se non in rarissime occasioni, e quelle poche volte non certo con diverso atteggiamento nei suoi confronti». Patrick Suskind, nel suo un monologo sul rapporto d’un contrabbassista col suo strumento, incisivo, pieno di caratterizzazioni sottilmente ironiche, rivela una sorta d’amore e odio: «Un suonatore di contrabbasso si rende conto di essere all’ultimo posto nella gerarchia dell’orchestra. (...) è il più femminile degli strumenti, così pieno di curve e bisognoso di abbracci (...) uno strumento basilare dell’orchestra per via della sua profondità. Dopo un concerto sono grondante di sudore, non è precisamente uno strumento maneggevole. (...) è, come dire, più un ostacolo che uno strumento».
Non è facile amare il contrabbasso, ma quando succede è un sentimento viscerale e irrevocabile, anche se a volte, la sua ingombrante figura può provocare curiosi e imbarazzanti sguardi. «È vero - confida Benzi sorridendo - il nostro strumento è scomodo e ingombrante, ma solo noi possiamo sapere quanto, in certe occasioni, sia esaltante, quanto siano penetranti le sue vibrazioni a contatto con il nostro corpo, poterlo dominare in tutta la gamma dei suoi suoni, nelle sue repentine mutazioni di colore e variegate sfaccettature emotive: grossolano ma anche raffinato, ironico e serioso, scanzonato ma anche profondo, dolce e potente: uno strumento di grande interiorità».

Monica Luccisano
Tratto da Tema con Variazioni, mensile dell’Orchestra Filarmonica di Torino, mag. 2000

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